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COME & PERCHÉ
n. 63 -
La festa dei morti: costumi e tradizioni
E per digerire il tutto: birra calda. La serata poi
continuava all'insegna delle danze e dei giochi.
Il
più comune era quello di contrassegnare una
pietra che veniva poi collocata nel cerchio intorno
al fuoco. Se la mattina successiva la pietra si trovava
spostata, o aveva cambiato di colore, o proponeva
un paio d'antenne verdi da marziano, allora significava
che il futuro aveva in serbo tutta una serie
di sorprese più o meno felici.
Al termine della festa, i defunti venivano
riaccompagnati a casa. In corteo, con il volto coperto
da fuliggine, fino ai tumuli mortuari collocati
sulle colline irlandesi chiamate Sidhe.
A
Lugnasad, in autunno, venivano commemorati, invece,
i "signori" del regno dei morti. Dei o eroi
diventati (con elezioni regolari?) rappresentanti
di tutti i trapassati. In quell'occasione i
giovani gareggiavano facendo prove di forza. Venivano
celebrati i matrimoni e indette assemblee politiche.
In
Italia, oggi
E
in Italia, oggi, il 2 novembre che cosa succede?
Dappertutto c'è l'usanza di offrire cibo
ai morti, come avveniva presso romani e celti. Ancora
una volta le tavole vengono imbandite con legumi
(fagioli, fave e ceci), cereali, acqua e vino rischiarati
dal fuoco delle candele. Spesso non manca la polenta,
simbolo di futura fecondità.
In Abruzzo, Puglia e Calabria
ai morti viene persino offerto un letto con le lenzuola
di bucato. Quasi ad offrire un momento di riposo a
chi non ne può più del sonno eterno.
In Valtellina, alla vigilia del 2, i giovani
un tempo andavano in giro per le case a raccogliere
segale e cibo che poi venivano
utilizzati per pagare le messe di suffragio in onore
dei morti.
Poi
si pensava anche ai morti direttamente.
Nelle case, infatti, che fossimo in Lomellina
o in Friuli, non mancava mai un secchio d'acqua,
della luce e del cibo destinato ai defunti che si
riteneva che quella notte intraprendessero un lungo
viaggio per andare a trovare i vivi, per portar loro
aiuto.
In Sicilia, a Palermo, si credeva che la notte
tra l'1 e il 2 novembre, i defunti, colti da un raptus
di fame, piombassero sul mercato della Vucciria per
rubare dolcetti.
Soprattutto
biscotti di pasta morbida coperti di glassa,
chiamati "ossa di morto", paste di mandorle
a forma di teschio o le durissime "fave dei
morti", impastate con mandorle, pinoli e
spezie, da intingere nel vino. Per non parlare del
tradizionale "pane dei morti" morbido e
ricco di amaretti, fichi e uvette.
E se i defunti avevano ancora un languorino,
potevano placarlo con castagne semplici o cotte con
zucchero e vino, o con il castagnaccio.
Nei paesi etnei si credeva persino che gli
spiriti dei morti sgattaiolassero nelle case strisciando
tra le assi sconnesse e le fessure dei muri, per portare
regali e mangiare un boccone.
Francesca Virgilietti
P.S. Hai qualche curiosità?
Hai da proporre qualche COME & PERCHÉ ?
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