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Paragrafi
Mitologia vichinga
Leggende arturiane
Ciclo carolingio
Mitologia celtica e anglosassone
Cicli germanici e altre
leggende
Schede
Tolkien:
biografia
Gandalf
Aragorn
Re
Artù
La
Saga dei Nibelunghi
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COME & PERCHÉ n. 48 - Tolkien: tradizioni
e mitologie
J.
R. R. Tolkien pubblica "Il Signore
degli Anelli" tra il 1954 e il 1955. In Italia
l'opera viene tradotta solo nel 1970. Tante le tradizioni
che confluiscono, rielaborate, nella Trilogia di Tolkien.
Scopriamone alcune.
Mitologia
vichinga
Protagonista centrale e filo conduttore della trilogia
non sono tanto le decine di personaggi più o meno
importanti che si susseguono nel corso della narrazione,
quanto l'Anello, simbolo del Potere per molte
civiltà, dagli albori della cultura occidentale. Se
facciamo un salto indietro nella storia scopriamo,
per esempio, che già i Vichinghi (800 - 1100
d. C.) credevano che gli anelli avessero poteri particolari.
I
loro possessori potevano ottenere, con un pizzico
di coraggio e fortuna, ricchezza, onore e fama.
I loro dei erano I Signori dell'Anello Celeste,
i loro re i Signori dell'Anello terreno. Era compito
del re e dei nobili donare un anello ai guerrieri
più valorosi e la stessa potenza di un sovrano
veniva misurata valutando la quantità di anelli
presenti nel suo tesoro.
Per questo motivo, l'oro ottenuto dal nemico come
bottino di guerra veniva regolarmente trasformato
dagli abili fabbri vichinghi in splendide collane
finemente lavorate, o in bracciali arricchiti
da pietre preziose. Insomma, in oggetti in cui ricorreva
la figura del cerchio.
Spesso,
quando un signore importante moriva, veniva sepolto
con i suoi anelli, soprattutto se si riteneva che
nessuno fosse altrettanto degno di portarli. Da qui
il proliferare di fantastiche leggende che
favoleggiavano di forzieri nascosti nelle viscere
della Terra, custoditi da esseri spesso deformi e
mostruosi: anime dannate, serpenti dalle teste squamose,
draghi sputafuoco, giganti pelosi, nani, spiriti e
orrende creature infernali.
Gli
anelli magici, secondo la mitologia vichinga, erano
forgiati dagli Elfi che simboleggiavano il
destino. E i personaggi tolkieniani? Anch'essi hanno
antenati mitologici. Odino era il dio supremo
del popolo vichingo. Signore delle Vittorie, della
Saggezza, della Poesia, dell'Amore e della Magia,
veniva rappresentato come un vecchio con la barba
lunga e un occhio solo.
Si copriva con un mantello grigio o blu e con
un cappello floscio a larga tesa. Contemporaneamente
stregone, guerriero, negromante, mistico, sciamano,
re, nelle sue innumerevoli peregrinazioni portava
con sé solamente un bastone.
E
non è un caso se generazioni di maghi e stregoni,
da Merlino al nostro tolkieniano Gandalf
(senza dimenticare Sauron), sono stati raffigurati
nello stesso modo. E le analogie non finiscono qui.
Odino
era una figura ambivalente e complessa. Non si preoccupava
del Bene e del Male, ma mirava unicamente
all'acquisizione e all'utilizzo del potere. Tolkien
distribuisce le caratteristiche positive e negative
di Odino tra Gandalf e Sauron. Tutta l'epopea del
Signore degli Anelli si basa sulla lotta infinita
tra Bene e Male. E Tolkien non si stancherà
mai di mettere in evidenza come il desiderio di potere
(impersonificato dall'Anello Unico) possa facilmente
corrompere anche gli animi più puri.
Per questo motivo il saggio mago Gandalf - nel primo
libro della Trilogia - rifiuterà di tenere
l'anello: per il timore di venirne corrotto.
Leggende
arturiane
Ma
eroi come Gandalf e Aragorn ricordano da vicino anche
personaggi come Mago Merlino e Re
Artù (leggende arturiane). Questo perché
re Artù rimane uno degli eroi leggendari più
famosi della Gran Bretagna, simbolo di virtù
e di forza. Non dobbiamo poi dimenticare che le avventure
di Artù derivano a loro volta da miti e leggende
teutoniche, anche se riviste in chiave cristiana.
Aragorn
che, pur pagano, si dimostra molto più onesto
rispetto al re cristiano medievale, presenta delle
profonde analogie con Artù. Come il sovrano
britanno, é erede legittimo di re morto in
battaglia. Entrambi discendono da nobile stirpe
ma sono stati defraudati del loro regno e rischiano
la vita.
Tutti
e due vengono allevati in segreto da un genitore adottivo
e godono della protezione di un parente lontano,
preferibilmente un nobile straniero. Sia Artù
che Aragorn si innamorano di fanciulle bellissime
(Ginevra e Arwen) e per poterle sposare
devono superare prove difficilissime e incredibili.
Sia Ginevra che l'elfa Arwen sono figure tragiche.
Ginevra terminerà la sua esistenza in convento, Arwen
sacrifica il dono dell'immortalità (propria del popolo
elfo) per poter coronare il suo amore con un mortale.
Sia Aragorn che Artù inseguono qualcosa: il
primo l'anello, il secondo il sacro Graal... 
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