Le
20 regole del romanzo giallo
di
S.S. Van DINE (1888 - 1939)
Lo
scrittore S. S. Van Dine, che si chiamava in realtà
Willard Huntington Wright, fu il padre dell'investigatore
Philo Vance. Negli anni Venti scrisse quelle che sono
conosciute come le Venti regole di Van Dine, le leggi
che regolano un racconto giallo.
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1. |
Il
lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere
il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente
elencati e descritti. |
2. |
Non
devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni
oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera
contro lo stesso investigatore. |
3. |
Non
ci deve essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo
é di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati
all'altare. |
4. |
Né
l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve
mai risultare colpevole. Questo non é buon gioco: é come offrire
a qualcuno un soldone lucido per un marengo; éuna falsa testimonianza. |
5. |
Il
colpevole deve essere scoperto attraverso logiche deduzioni:
non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere
un problema criminale a codesto modo é come spedire determinatamente
il lettore sopra una falsa traccia, per dirgli poi che tenevate
nascosto voi in una manica l'oggetto delle ricerche. Un autore
che si comporti così é un semplice burlone di cattivo gusto. |
6. |
In
un romanzo poliziesco ci deve essere un poliziotto, e un poliziotto
non é tale se non indaga e deduce. Il suo compito é quello di
riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi
é colpevole del misfatto commesso nel capitolo I. Se il poliziotto
non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorìo non
ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo
scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato
finale del problema. |
7. |
Ci
deve essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il
morto é morto, meglio é. Nessun delitto minore dell'assassinio
é sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore.
Il dispendio di energie del lettore dev'essere remunerato! |
8. |
Il
problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente
naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche,
sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestione e magie,
é assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto
che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con
il mondo degli spiriti e con la metafisica, é battuto "ab initio".
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9. |
Ci
deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo "deduttore",
un solo "deus ex machina". Mettere in scena tre, quattro, o
addirittura una banda di segugi per risolvere il problema significa
non soltanto disperdere l'interesse, spezzare il filo della
logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore.
Se c'é più di un poliziotto il lettore non sa più con chi stia
gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa
contro una staffetta. |
10. |
Il
colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più
o meno importante nella storia, una persona, cioé, che sia divenuta
familiare al lettore, e lo abbia interessato. |
11. |
I
servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli:
si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere
decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe
mai sospettare. |
12. |
Ci
deve essere un colpevole e uno soltanto, qualunque sia il numero
dei delitti commessi. Il colpevole può aver naturalmente qualche
complice o aiutante minore: ma l'intera responsabilità e l'intera
indignazione del lettore devono gravare sopra un unico capro
espiatorio. |
13. |
Società
segrete associazioni a delinquere "et similia" non trovano posto
in un vero romanzo poliziesco. Un delitto interessante é irrimediabilmente
sciupato da una colpa collegiale. Certo anche al colpevole deve
essere concessa una "chance": ma accordargli addirittura una
società segreta é troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe. |
14. |
I
metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere
razionali e scientifici. Vanno cioé senz'altro escluse la pseudo-scienza
e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Giulio Verne.
Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso,
dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollati domini
del romanzo d'avventure. |
15. |
La
soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso
che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito.
Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione,
ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo
senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio,
che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, s'egli
fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere
il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il
che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione. |
16. |
Un
romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse,
pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti,
presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale
importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano
l'azione, distraggono dallo scopo principale che é: porre un
problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva.
Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di
studio di carattere che é necessario per dar verosimiglianza
alla narrazione. |
17. |
Un
delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole
in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la
polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti.
Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che
da un personaggio molto pio, o da una zitellona nota per le
sue opere di beneficenza. |
18. |
Il
delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto
per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio.
Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria
significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore. |
19. |
I
delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi
puramente personali. Congiure internazionali ecc. appartengono
a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere
le esperienze quotidiane del lettore, costituisce una valvola
di sicurezza delle sue stesse emozioni. |
20. |
Ed
ecco infine, per concludere degnamente questo "credo", una
serie di espedienti che nessuno scrittore poliziesco che si
rispetti vorrà più impiegare; perché già troppo usati e ormai
familiari a ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora
é come confessare inettitudine e mancanza di originalità:
A. |
scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone
di sigaretta lasciata sul luogo del delitto con le sigarette
fumate da uno dei sospettati; |
B. |
il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisca
il colpevole e lo induce a tradirsi; |
C. |
impronte
digitali falsificate; |
D. |
alibi
creato grazie a un fantoccio; |
E. |
cane
che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole
é uno della famiglia |
F. |
il
colpevole é un gemello, oppure un parente sosia
di una persona sospetta, ma innocente; |
G. |
siringhe
ipodermiche e bevande soporifere; |
H. |
delitto
commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi
ha già fatto il suo ingresso; |
I. |
associazioni
di parole che rivelano la colpa; |
L. |
alfabeti
convenzionali che il poliziotto decifra. |
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